giovedì, Gennaio 23, 2025
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Tregua tra Isrele ed Hamas, si poteva evitare?

Quale sarà il vero costo di questa tregua?

Le aspettative tradite

Chi sperava nell’avvento di Donald Trump per vedere Israele dare la spallata finale ad Hamas ha evidentemente frainteso le intenzioni del Ticoon. Ma le ha fraintese anche, o forse peggio, chi pensa che Trump abbia voluto dare una lezione al suo vecchio alleato. Né gli uni, né gli altri hanno capito che Trump ha, nel suo mirino, un risultato solo. Un Medio Oriente allargato in cui il controllo possa essere delegato a provati alleati degli USA. Delegato senza che gli americani debbano mettere a rischio le vite dei loro figli e senza che ciò comporti altri impegni se non finanziare e sostenere gli sforzi dei suddetti alleati.

Hamas e l’Iran.

Dopo il massacro del 7 di Ottobre Hamas si aspettava che Hezbollah e Giudea e Samaria si impegnassero in maniera attiva ad attaccare Israele. Ma ciò non è accaduto. In questo l’Iran,, il grande burattinaio, ha fallito. I suoi proxies, nonostante i ripetuti incontri tenutisi in Libano, prima dell’attacco, non sono riusciti a coordinarsi. Forse Israele, richiamando in gran numero i suoi riservisti, ha inibito lo scattare della trappola. Fatto sta che Hamas è rimasto col cerino in mano. E per compiacere l’Iran nella sua ossessione di egemonia ha decretato ciò che è successo a Gaza.

Israele ed il Pogrom del 7 Ottobre.

Ciò che forse è andato oltre le aspettative di Hamas è stata la gravità simbolica dell’attacco del 7 Ottobre. Ovviamente gli iraniani ed Hamas sapevano che un attacco così pesante e sanguinoso, per di più sul territorio Israeliano, avrebbe costretto Israele ad una dura risposta. Ma hanno sottovalutato l’importanza che Israele dà alla sua capacità di deterrenza, soprattutto quando questa viene messa in dubbio. Israele è un piccolo stato che non ha profondità strategica, quindi non ha spazi sul tipo delle immense pianure ucraine o dei grandi spazi desertici egiziani, per avere il tempo di rispondere a degli attacchi di terra. Ciò su cui Israele basa la sicurezza è il suo potere di deterrenza. Cioè far capire al nemico che, in caso di attacco, la sua risposta sarà talmente rapida e dura da far pagare un costo insostenibile. Diversamente chiunque potrebbe sentirsi in grado di colpirlo e, considerato l’odio che circonda lo stato ebraico, la sua popolazione potrebbe essere sterminata prima che le Nazioni Unite si sveglino dal loro utile torpore.

La pesante risposta su Gaza e sugli altri alleati dell’asse del Male.

Per questo motivo Netanyahu ha subito chiarito che la risposta ad un attacco come quello del 7 Ottobre non poteva che essere totale e devastante. Ed è su questa promessa che Netanyahu è riuscito a coagulare intorno a sé anche coloro che non lo hanno mai votato. E’ su questa promessa che militari di ogni credo politico hanno combattuto una guerra casa per casa con lo scopo concreto di evitare che un attacco analogo a quello del 7 ottobre potesse anche solo essere preso in considerazione da qualcuno. Ed è su questa promessa che tanti giovani e meno giovani sono morti o sono rimasti mutilati negli scontri contro i militanti di Hamas che, dopo morti, si trasformano in innocenti civili.

La deterrenza e gli ostaggi.

Tutti gli israeliani hanno chiaro nella loro memoria quanto sia costata la liberazione di un unico ostaggio nel passato recente di Israele. Era il 18 Ottobre 2011 quando oltre 1000 detenuti palestinesi furono liberati dalle prigioni israeliane in cambio del solo Gilad Shalit. Tra esse c’era anche Yahyah Sinwar, la mente del 7 Ottobre ed il capo dell’esercito di Hamas. Ed è con questa chiarezza di pensiero che hanno capito come andasse privilegiata la capacità di deterrenza del Paese rispetto alla speranza di liberare tutti gli Ostaggi. Il calcolo era penoso,ma andava fatto. E le vittorie sul campo confermavano che la scelta, per quanto amara, era quella giusta.

Raggiungere gli obbiettivi.

Il paradosso ha voluto però, che una volta raggiunti gli obbiettivi militari principali, la decapitazione di Hamas e la distruzione della sua rete logistica. La decapitazione di Hezbollah ed il suo ritiro oltre il Litani, la fuga dei Pasdaran dalla Siria, la caduta del regime di Assad, il bombardamento ed il ridimensionamento della capacità di colpire dell’Iran, questo ha spinto l’opinione pubblica Israeliana a riconsiderare il bilancio delle priorità. A questo punto, di fronte ad un Hamas dichiarato finito, a delle vittorie sul terreno non più sensazionali come le precedenti, liberare gli Ostaggi è tornata ad essere una priorità alla quale nemmeno Netanyahu poteva più sottrarsi. Dare la spallata finale ad Hamas avrebbe, probabilmente significato un enorme costo in vite umane e la perdita di quasi tutti gli ostaggi. Per un risultato che sembrava ormai in buona parte già raggiunto.

La grande delusione.

Probabilmente Hamas è veramente ridotto ai minimi termini. I suoi leaders sono stati eliminati, quelli attuali non sono esattamente all’altezza. L’arsenale non ha potuto essere rimpinguato dall’Iran, le infrastrutture in buona parte distrutte. Ma il consenso di cui gode tra la popolazione gli ha permesso di reclutare tantissime altre nuove leve. Senza dubbio queste non sono ancora addestrate, ma la arrogante dimostrazione di “esistenza in vita” fornita con il traccheggio nelle trattative e nella liberazione delle prime tre prigioniere ha fatto vacillare le certezze dell’elettorato Israeliano e, probabilmente anche la sicurezza di Trump di una veloce soluzione. Le capacità teatrali e comunicative di Hamas non sono una novità. Lo show con gli ostaggi è stato un duro colpo per il fronte democratico ed una iniezione di orgoglio per chi sostiene l’Islam Politico.

Le Conseguenze.

Ora occorrerà riparametrare i progetti per l’immediato futuro. Trump non avrà più di fronte un gruppo terrorista allo sbando ma una cricca mafiosa ancora convinta di poter dettare le regole sul suo territorio. I suoi alleati arabi, Egitto ed Arabia Saudita, sui quali contava per ristabilire l’ordine sociale e la ricostruzione nella Striscia, avranno un compito molto più duro, e non è scontato che lo accettino. Israele che sperava di poter voltare pagina, magari togliendosi di dosso una classe politica litigiosa ed estremista, si trova a ricominciare da capo a dover ristabilire quella capacità di deterrenza che la parata di Hamas ha di nuovo messo in discussione. Questo non è bene per chi desidera la pace senza che siano dei gruppi terroristici a dettare le regole. Non è bene per chi ancora spera nella possibilità di una convivenza tra arabi ed Israeliani.

Che succederà ora?

Ora gli Israeliani cercheranno di portare a casa quanti più ostaggi possibile, consapevoli che ciò comporterà la liberazione di altri terroristi. Hamas sa che gestire tanti ostaggi è complicato ma gestirne pochi è più facile ed ugualmente redditizio quindi, al momento giusto, quando saranno stati liberati quelli che interessano ma non ancora i leaders dei gruppi rivali come Marwan Barghouti, farà saltare il tavolo dando la colpa ad Israele. E la guerra ricomincerà e l’estremismo, anche quello israeliano, potrà dire di aver avuto sempre ragione e di non essere estremismo ma pragmatismo.

Alexandro Ascoli
Alexandro Ascoli
Imprenditore ed esperto di storia militare. Presidente onorario della Associazione di Ricostruzione Storica "Mos Maiorum". Studioso di Geopolitica e dei conflitti dell'evo antico e moderno del Medio Oriente.
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