sabato, Gennaio 18, 2025
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La scelta di Ryad

Il 16 giugno scorso si è chiuso a Lucerna il summit delle Nazioni unite indetto anche a seguito delle richieste, praticamente inaccettabili, avanzate da Putin per sedere al tavolo della pace con l’Ucraina.


In estrema sintesi il presidente russo, in via assolutamente preventiva, pretende la cessione dei quattro oblast di Lugansk, Zaporizhzhia, Donetsk e Kharkiv, (Kharkiv compresa e compreso il milione e duecentomila abitanti della città che, per fortuna, non è ancora stata occupata dai russi), la totale neutralità dell’Ucraina, il suo disarmo e la caduta del suo governo. In pratica una resa incondizionata.


Su 92 paesi partecipanti 80 hanno sottoscritto un documento che mette al primo posto l’integrità territoriale dell’Ucraina e, quindi, rigettano le pretese di Putin.
Gli altri 12 si sono astenuti. Alcuni di questi sono storicamente vicini alla Russia, altri appartengono ai Brics, alcuni come il Vaticano, erano semplici osservatori. Tra questi dodici si è distinta l’Arabia Saudita, perché?


Perché Ryad si è proposta come sede per il prossimo summit al quale potrebbe essere presente anche la Cina che ha ritenuto la Svizzera non sufficientemente neutrale per partecipare. L’Arabia Saudita infatti sebbene storicamente alleata degli USA nell’area, non è certamente una Democrazia Liberale. Ha sempre mantenuto un sostanziale distacco rispetto alle pretese di democratizzazione Americane. Ed ha intrapreso la strada della modernizzazione secondo i suoi tempi, i suoi ritmi e la sua cultura. Allo stesso tempo, non è un segreto che il principe MBS, Mohammad Bin Salman usa maniere spicce per liberarsi degli oppositori, interni o esterni. Atteggiamenti questi che sono spesso apprezzati da autocrati come Xi Jinping e giudicati severamente in occidente.


È dunque una fortuna che MBS non appartenga al novero dei leaders che hanno deciso di saltare il fosso e disdegnare totalmente i rapporti con i paesi occidentali. Paesi occidentali che spesso, e piuttosto ipocritamente, hanno invece fatto tutto il possibile per isolare, se non boicottare, l’Arabia Saudita ed il suo Principe, nonostante l’importanza che Riyad riveste nello scacchiere mediorientale ed in tutto l’universo dell’Islam Sunnita.

Ancora ieri qualcuno, anche analisti di primo livello, hanno insistito a beffeggiare chi ha scelto di mantenere buoni rapporti con Mohammad Bin Salman mentre, se saremo fortunati, l’Unione Europea potrà giovarsi di un terreno neutro su cui poter invitare la Cina a svolgere azioni diplomatiche per riuscire a trovare un accordo e, possibilmente, una pace, alla prima guerra tra due stati europei dalla fine della seconda guerra mondiale.

Purtroppo sembra che non impariamo neanche dai nostri errori. Lo stesso atteggiamento sdegnato ed ipocrita l’abbiamo tenuto col presidente egiziano, il generale El Sisi, reo di essere “responsabile” della morte del povero Giulio Regeni. A poco o nulla è valso il fatto che lo stesso El Sisi abbia liberato l’Egitto dal governo della Fratellanza Musulmana che già aveva riportato il paese dei Faraoni almeno venti anni indietro in fatto di laicismo e diritti personali.

A poco importa che El Sisi abbia eradicato dal Sinai i gruppi jihadisti sunniti ed abbia esiliato la stessa Muslim Brotherhood che ha dovuto trovare asilo a Istanbul, sotto l’ala protettiva del sultano Erdogan.

L’Occidente, e l’Italia in primis, hanno agito delegittimando costantemente il governo egiziano che, guarda un po’, proprio in questi giorni, sta svolgendo esercitazioni congiunte nel Mediterraneo con la Russia favorendo, di fatto, i rapporti di Putin con Kalifa Haftar, il rais della Cirenaica che è ben lieto di accogliere l’Afrikanskij Korpus erede della famigerata Wagner Group.

Per nostra fortuna qualcuno in occidente e, segnatamente in Italia, ha mantenuto con Ryad buoni rapporti e strette relazioni, evitando di farci terra bruciata anche tra Mar Rosso e Golfo Persico. Ed oggi proprio Ryad potrebbe diventare quel terreno neutrale sul quale l’Europa potrà cercare di risolvere la sua peggiore crisi geopolitica da 80 anni in qua.

Inoltre, con il graduale allontanamento dell’Egitto e con il suo diretto coinvolgimento nei fatti di Gaza, riguardo gli attriti al valico di Rafah, l’Arabia Saudita può diventare un attore di mediazione fondamentale anche nella risoluzione della crisi tra Israele ed Hamas.
Allora, forse, è bene che l’Europa cominci a rendersi conto di quanto questo pianeta stia diventando piccolo ed i suoi attori intraprendenti ed impari quindi ad essere un po’ più pragmatica nella scelta dei suoi partner.

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