sabato, Gennaio 18, 2025
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Le guerre dopo Ferragosto.

La situazione nei conflitti dopo la breve pausa di metà Agosto

La situazione a Gaza

Eravamo tutti in attesa di qualche buona novità da Gaza. Sapevamo che gli USA si erano dedicati alla stesura di un nuovo piano per organizzare una tregua. Sarebbe stato un bel successo per il presidente uscente Biden, che ha voluto dare il suo nome al piano. Gli Usa avevano anche fatto attenzione affinché la proposta non prevedesse il completo ritiro dell’IDF. Soprattutto dai due corridoi di controllo, l’asse Philadelphi al confine con l’Egitto e l’asse Netzarim al centro. Richiesta che avrebbe visto l’immediato rifiuto di Israele che, ovviamente, non accetterebbe mai di rinunciare a controllare i flussi nella Striscia fino a conflitto concluso.

Il vertice a Doha

Doha, sede del vertice, vedeva la presenza di tutti gli attori, a cominciare dai portavoce di Hamas. I responsabili del Mossad e dello Shin Bet, CIA e Segretariato di Stato per gli USA. Oltre a questi, importantissimi, i rappresentanti di Egitto e Qatar. Purtroppo, anche stavolta Hamas ha rifiutato il piano, facendo proposte impossibili da accettare persino agli USA. Ritiro preventivo dell’IDF dalla Striscia. Abbandono di ogni forma di controllo dal valico di Rafah. In aggiunta, il nuovo capo di Hamas, Yayah Sinwar, prova ad addossare ad Israele la responsabilità. In particolare della sopravvivenza degli ostaggi superstiti, come se rapire civili, donne e bambini, fosse una normale pratica di trattativa politica.

Ancora terrorismo.

Nel frattempo, Tel Aviv viene scossa da una esplosione. Non è ancora chiaro quale sia stata l’origine della deflagrazione ma tutto lascerebbe pensare ad un attentatore arabo suicida. Il terrorista sarebbe entrato dai territori di Giudea e Samaria. Ma l’ordigno è esploso prima del tempo, cioè prima che riuscisse ad intercettare gli spettatori in uscita dallo stadio di calcio. In quel caso sarebbe stata una strage, vista la potenza dell’ordigno. Esplodendo anzitempo invece, ha ucciso solamente (siamo costretti a dire così) un ignaro passante. Alcune immagini delle telecamere di videosorveglianza sembrano dare un volto, ma non ancora un nome, all’attentatore. Hamas ha scatenato la guerra e l’ha persa. Ha coinvolto gli altri alleati che però stanno perdendo, quindi decide di tornare alle tattiche che le sono più congegnali, quelle del volgare terrorismo dinamitardo.

Le esitazioni di Teheran

Intanto l’Iran è bloccato tra due scelte, non dare seguito alle minacce nei confronti di Israele, accusato senza prove concrete di aver ucciso Ismail Haniyeh, e quindi rischiando il ludibrio del mondo islamico del quale la Repubblica degli Ayatollah vorrebbe assurgere a paladina; oppure arrischiarsi a colpire Israele ma essendo consapevole che lo stato Ebraico risponderà, senza nessuna esitazione. Sono decenni che l’aviazione con la Stella di Davide si addestra studiando gli obbiettivi nevralgici del programma nucleare iraniano, le sue industrie vitali, le sue basi militari. Subire un colpo come quello immaginato a Gerusalemme, per Teheran, significherebbe esporre il fianco alla sempre più potente opposizione interna al regime che si farebbe forte della successiva, inevitabile, crisi economica ed industriale.

La situazione a Kursk

Intanto l’alleato russo è distratto dalla penetrazione delle forze ucraine nell’Oblast di Kursk. I territori ad ovest del fiume Sejm sono stati isolati facendo saltare, uno dopo l’altro, i quattro ponti che li collegavano al resto dell’immensa regione, ed i militari russi chiusi nella sacca rischiano l’annientamento o la prigionia, se le forze armate federali non riescono a portare soccorsi e munizioni. L’Ucraina sta mettendo, in quella che sembrava una semplice incursione oltre frontiera, un numero di brigate che la maggior parte degli analisti non pensava nemmeno che avesse.

La situazione in Donbass ed il silenzio di Putin

Mentre nel Donetsk, seppur con grosse difficoltà, la linea del fronte viene tenuta o cede molto lentamente. Con molta probabilità Putin, che si è chiuso in uno sconcertato silenzio, non vuole distrarre forze veterane dalla sua punta avanzata e preferisce mandare a farsi macellare i giovani coscritti attratti dalla paga che l’esercito sventola loro sotto il naso. Una cosa di cui l’Ucraina deve tener conto per evitare di logorare le sue forze migliori.

Il punto a Gaza

Dunque, i principali conflitti sono in una fase di stallo o, per meglio dire, di transizione. Quello di Gaza si concentra sulla eliminazione sistematica delle cellule residue di Hamas. Tanto più Sinwar la tirerà alle lunghe, tante meno forze gli resteranno, sempre che gli israeliani non lo trovino prima ed i Gazawi non debbano nominare un ulteriore, nuovo, capo di Hamas. La sua transizione dipende dall’effettivo intervento di Hezbollah e dei Pasdaran che però, sembrano piuttosto recalcitranti a farsi coinvolgere in una causa che non mostra più i vantaggiosi guadagni immaginati da una debacle israeliana che non c’è stata.

Il punto in Ucraina

Quello ucraino-russo sembra una macina che viene spinta da due muli che girano in tondo e vincerà quello che vedrà cadere esausto l’altro. In questo l’Ucraina è tornata ad avere buone speranze perché l’asse antioccidentale comincia a mostrare cenni di grossa stanchezza. Trattandosi di dittature lunghi periodi senza eclatanti successi o, peggio subendo smacchi ripetuti, mettono i leader in posizioni difficilmente sostenibili. Staremo a vedere, chi si giocherà il tutto per tutto e chi temporeggerà.

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