Se non fosse per un recente film della Disney, “La Ragazza del Mare“, interpretato da Daisy Ridley, in pochi ricorderebbero, almeno qui in Europa, Gertrude “Trudy” Ederle la nuotatrice americana, figlia di immigrati dalla Germania a New York, olimpionica a Parigi nel 1924 e che fu la prima donna ad attraversare a nuoto il Canale della Manica nel 1926.
Gli anni venti furono gli anni dell’emancipazione femminile, tanto in Europa che negli Stati Uniti. La giovane Trudy era costretta ad esercitarsi di nascosto perché i costumi da nuoto femminili provocavano ancora scandalo. I suoi primi allenamenti dovettero svolgersi quasi di nascosto, nella piscina ricavata nei sotterranei di un Hotel di New York, in orari improbabili e solo grazie alla presenza di una tenace allenatrice, Charlotte Epstein, ebrea americana che insieme a Trudy, lottò per ottenere finalmente la possibilità, per le sue atlete, di gareggiare in pubblico e con la stessa dignità degli uomini.
Non fu semplice, la Federazione di Nuoto americana, fortemente maschilista, riteneva ancora che le donne non fossero in grado fisicamente di sostenere sforzi analoghi a quelli sostenuti dagli uomini. persino sul piroscafo che, nel 1924 portò gli atleti olimpici americani in Francia, alle ragazze fu vietato di allenarsi contemporaneamente ed insieme agli atleti uomini. Ma la tenacia delle tre meravigliose donne, la madre di Trudy, Anna Haberstroh, della sua allenatrice e di Trudy stessa portò finalmente la nuotatrice americana a vincere la medaglia d’oro e due medaglie di bronzo ed a cimentarsi nella disciplina a lei più congeniale, quella del nuoto sulle lunghe distanze in acque aperte.
Decise dunque di essere la prima donna ad attraversare a nuoto il Canale della Manica una impresa in cui ancora solo pochissimi uomini erano riusciti e che era costata anche parecchie morti tra gli atleti. Le fu proibito di avvalersi della Epstein ma le fu invece assegnato un allenatore maschio che ne causò la squalifica al primo tentativo sostenendola durante la gara col pretesto di un colpo di tosse.
Al secondo tentativo non solo riuscì nell’impresa ma migliorò il record maschile di oltre due ore. Al suo rientro in patria le fu tributato un trionfo ancora insuperato.
Fu, quella di Trudy Ederle, una vittoria che decretò una ulteriore frattura di quel tetto di cristallo che relegava le donne a svolgere di nascosto, ed al riparo dagli sguardi degli uomini, le attività che avrebbero dovuto e potuto fare come esseri umani liberi ed indipendenti. Non doveva e non poteva essere il modo in cui gli uomini guardano le donne a determinare il loro livello di libertà.
Poi oggi leggo che, in un delizioso paesino della Toscana, Figline Val d’Arno, il sindaco decide di riservare un’ora a settimana la piscina comunale alle donne musulmane che “preferiscono” allenarsi lontano dagli sguardi degli uomini. Sic transit gloria mundi.