Mike Turner alla CBS
E’ di domenica scorsa la dichiarazione alla Trasmissione Face Nation della CBS del segretario della Commissione di Intelligence della Camera degli Stati Uniti, Mike Turner, che l’Iran potrebbe dichiararsi potenza nucleare entro la fine dell’anno. In questo momento, il Segretario di Stato Antony Blinken sta cercando di evitare al Medio Oriente ed al mondo una escalation. Blinken cerca di far capire al regime iraniano che un attacco ad Israele, scatenerebbe una immediata reazione dello Stato Ebraico. Reazione assolutamente legittima, visto che non c’è prova reale che la morte di Ismail Haniyeh, a Teheran, sia stata causata da un attacco israeliano. E soprattutto visto che Israele non ha mai rivendicato tale azione.
La situazione in Iran
Oltre tutto la situazione in Iran non è delle più floride. una profonda crisi economica attanaglia il paese. Il malcontento nei confronti del regime è cresciuto esponenzialmente dopo l’uccisione di Masha Amini e delle altre ragazze uccise o torturate dalla “Polizia Morale”. Al punto che non è da escludere che l’assassinio del leader di Hamas sia stato portato a termine proprio da membri della resistenza interna. Motivo per cui un attacco ad Israele sarebbe totalmente illegittimo. Ancora peggio sarebbe poi l’eventuale reazione di Israele che, ovviamente, sa già da tempo dove colpire per mettere in crisi il regime degli Ayatollah. (Qui un utile link per comprendere bene l’Iran grazie all’analisi di Dario Fabbri https://youtu.be/zOOr2ezafFw?feature=shared)
I piani di Attacco
Israele infatti ha sempre cercato di contenere lo sviluppo di potenze nucleari in Medio Oriente. Dapprima impedendo a Saddam Ussein di creare i propri ordigni con la celebre operazione Babilonia. Due squadriglie di F15A ed F16A israeliani distrussero l’impianto nucleare di Osiraq prima che le barre d’uranio venissero arricchite. Da quella operazione ad oggi le strategie sono molto cambiate. Negli ultimi anni una serie di “incidenti” informatici hanno bloccato o rallentato lo sviluppo del nucleare iraniano.
La AIEA l’agenzia ONU per il nucleare
A più riprese Israele ha fatto appello alle Nazioni Unite perché eseguissero controlli più serrati sulla potenza nucleare iraniana e soprattutto sui livelli di arricchimento dell’uranio iraniano. Livelli molto superiori a quelli necessari per gli usi civili e molto prossimi a quelli per uso militare. Nonostante l’ostruzionismo del regime iraniano la AIEA non ha mai seriamente agito nei confronti dell’Iran permettendo, sostanzialmente, che il programma di arricchimento proseguisse indisturbato.
Obama e l’Iran
Durante la presidenza di Barak Obama la politica di distensione nei confronti dell’Iran ha ulteriormente allentato i controlli. Anche i reiterati appelli di Israele sono totalmente caduti nel vuoto. Neanche il fatto che l’Iran stesse allargando i suoi gangli militari in Iraq, in Siria, nello Yemen è servito ad allarmare le Nazioni Unite. Occhi chiusi sulle mire espansionistiche della Repubblica Islamica. Oggi l’Iran, attraverso i Pasdaran, attraverso gli alleati Hezbollah in Iraq, Siria e Libano e nello Yemen, controlla milioni di km quadrati di territorio. Anche bracci di mare importantissimi come il Golfo Persico o il Mar Rosso vengono limitati, costringendo i traffici marittimi internazionali al lungo periplo dell’Africa. Manca solo che diventi una potenza nucleare.
La ricerca di consenso
Come tutte le dittature anche il regime teocratico iraniano ha bisogno del consenso dato dalla proiezione di forza. Essere una potenza nucleare si aggiungerebbe al traguardo di armare tutti gli eserciti che abbiamo elencato, di rifornire niente meno che la Russia. Ma potrebbe anche essere il passo falso finale. Di fronte ad un attacco al proprio territorio o di fronte ad una dichiarazione ufficiale di possesso dell’arma atomica, Israele potrebbe colpire molto duro.
Il rischio dell’abisso
Sono decine di anni che Israele monitora gli impianti nucleari iraniani, ne controlla e ne testa le linee energetiche ed informatiche. Ma Israele conosce benissimo anche le infrastrutture industriali iraniane. Proprio quelle che oggi riescono a sopperire all’embargo e, bene o male, riescono a tenere in piedi il regime. In caso di attacco anche quelle sarebbero nei mirini dei caccia israeliani, nelle stringhe informatiche degli hackers o esposte ai colpi della resistenza anti regime. Non sarebbero tempi facili per gli Ayatollah e potrebbero condurre il regime nell’abisso.
Il rischio escalation
Ecco perché l’uscita di Mike Turner suona un po’ come un campanello d’allarme, tanto alle opinioni pubbliche occidentali quanto ai vertici del regime Iraniano. Occhio. Occhio a far crescere la tensione perché questa strategia potrebbe rivelarsi totalmente controproducente. Una volta fatto l’all-in poi potrebbe esserci chi, il gioco, viene a vederlo davvero.